24 dicembre 2011

Sembran brownies

Con grande soddisfazione il mio regalo per Natale è arrivato con qualche giorno di anticipo: dopo 6 lunghi, lunghissimi mesi i lavori in casa sono terminati, fortunatamente un pochino prima che terminasse la mia pazienza. Giovedì poi c'è stata l'ultima lezione di pasticceria: praline al cacao a go-go per celebrare le feste; praline che prima o poi diventeranno l'oggetto di qualche futuro post. Con tanto entusiasmo inizierò il 2012 con un nuovo corso e finalmente temperaggio, ganache e il cioccolato nelle sue infinite declinazioni non avranno più segreti (o almeno spero). Provo già una grande emozione e non vedo l'ora di ritornare a mettere le mani tra sacchi di farina e scatoloni di uova.
Devo ammettere che nei confronti del cibo provo molta curiosità. A volte mi sorpendo a cucinare più per il piacere di scoprire come avverrà la trasformazione della materia prima che sto utilizzando che per il risultato finale. Spesso mi capita di pulire il pesce o la carne come se fossi su un tavolo operatorio: curo ogni incisione come se dovessi effettuare un successivo trapianto facendo aatenzione che l'organo o l'arto in questione non subisca un danno ma solo per il gusto di capire come è fatto l'animale che andrò a mangiare. Mi soffermo ad osservare le forme, le linee e le sfumature di colore che i vegetali assumono perchè ogni caratteristica è un pò come le impronte digitali, un segno distintivo e unico per ogni prodotto; mi stupisco quando sbuccio al vivo un'arancia: quel colore brillante nascosto sotto quella pellicina opaca mi meraviglia ogni volta. Guardo la pasta che si ammorbisce con il calore dell'acqua, la panna che monta in una soffice schiuma, il formaggio che si scioglie e l'uovo che si rapprende con il calore del fuoco; il cioccolato che si scioglie e l'olio che fa mille bollicine quando frigge. Penso alle infinite combinazioni che tutti questi prodotti sono in grado di far nascere se abbinati con sapere e fantasia. Una vera magia che si rinnova ogni volta.
Da più di un anno la mia alimentazione è decisamente cambiata: pur continuando a mangiare qualunque cibo, ho scelto di ridurre drasticamente alcuni alimenti (carne rossa, salumi, dolci, cibi raffinati e industriali) a favore di legumi, cerali decorticati, verdura, frutta e qualche porzione di carne bianca, pesce e formaggio. Devo dire che questa attenzione alla qualità e alla quantità del cibo mi sta regalando concreti risultati pur senza dovermi privare di piccole gioie per il  palato che mi concedo durante il fine settimana quando ho più tempo per cucinare e apprezzare pietanze un pò più 'strutturate'. La dolcezza di questo post è la sintesi di questa scelta alimentare: un dolce buono e leggero (un pò di più di altri) che può essere regalato ad amici e conoscenti (sempre più numerosi) che per obbligo (intolleranze e allergie) o per scelta (vegetariani e vegani) hanno abbracciato uno stile alimentare diverso da quello 'tradizionale'. Quindi dopo tanti biscotti e torte con burro, latte e uova che ci hanno ingolosito sulle pagine di tanti foodblog durante queste settimane pre-natalizie perchè non preparare anche un pacchettino per coloro che hanno fatto (o dovuto fare) una scelta differente dalla nostra? Con l'augurio che tutto ciò che è diverso da noi o dalla nostra cultura e tradizione possa essere un arricchimento per la nostra anima. Tanti auguri a tutti voi.


Brownies alla pera e alla banana

250 gr farina 00
150 gr gocce di cioccolato fondente
50 gr cioccolato fondente
50 gr mandorle senza pellicina
50 gr di fruttosio
50 gr di farina di riso (oppure fecola di patate)
1 bustina di lievito per dolci biologico
1 banana matura
1 pera matura
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
mezzo litro di latte di mandorla

Setacciare in una ciotola le farine insieme al lievito e aggiungere il fruttosio. Nel frattempo far sciogliere il cioccolato fondente (non le gocce) a bagnomaria, sbucciare ed affettare sottilmente la pera, tritare le mandorle e schiacciare con una forchetta la banana. Versare il latte di mandorla negli ingredienti secchi (farine+lievito+fruttosio) fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Aggiungere la banana mescolando con cura, il cucchiaio di olio, le mandorle tritate, il cioccolato fuso, le gocce di cioccolato e la pera a fettine. Posizionare un foglio di carta da forno in una teglia con il bordo un pò alto (in modo da avere uno spessore dell'impasto di almeno 2-3 cm), ungerla con pochissimo olio e infornare a 180° in forno statico per circa 50-60 minuti controllando la cottura. Una volta raffreddata, tagliare a quadrotti.

13 dicembre 2011

Tutto il mondo è paes(e)ana

Sono ormai agli sgoccioli di un lunghissimo anno, frenetico, densissimo di impegni e contrattempi e in dirittura di arrivo con i lavori nel mio appartamento. Ci sono dei giorni in cui l'unica cosa che riesco a fare è uscire di casa all'alba, rientrare con il sole già tramontato da un pezzo e cucinare qualcosa per cena. Oltre a questo non riesco ad andare e le ricette da provare e fotografare si accumulano sul piano della cucina.
Il post di oggi, per certi versi, ha un tema attualissimo: una pagina de "Il Sole 24 Ore" e la parola 'Europa' che fanno da sfondo a una delle ricette più classiche e più povere della tradizione lombarda: la torta paesana o torta di pane. Un dolce che in passato serviva per recuperare il pane raffermo (se mai ne avanzava) bagnato con del latte, ingentilito dal cioccolato e cotto nel forno. Ai giorni nostri il dolce si è arricchito di pinoli, cacao e biscotti e si è trasformato da dolce dei poveri a vera prelibatezza.
Ma che cosa c'entra l'Europa con la torta paesana? Qualche mese fa l'amica blogger Simona di Simona's Kitchen mi invita a partecipare al suo contest "Cib'Arte". Lo scopo era quello di abbinare una ricetta ad un monumento/opera d'arte della propria città; ho trascorso settimane a pensare quale ricetta fosse adatta a Sesto San Giovanni (Milano), la città in cui sono nata e in cui abito e mentre mi trovavo in metropolitana (la mia seconda casa, il posto dove nascono la gran parte delle mie idee) mi è balzata alla mente la torta suddetta che, oltre ad essere presente da sempre nella mia vita, evoca ricordi di memorie antiche; la torta paesana nel significato più ampio di paese inteso anche come regione, nazione e continente. Una torta di umili origini da me eletta come rappresentazione dell'Europa-Paese; pane e latte, i sapori e i valori di un tempo calati in una realtà che sembra tritare tutto quello che tocca lasciando dietro di sè briciole di amara rassegnazione (che altro si può dire di fronte alla crisi mondiale che sta sconvolgendo il mondo?).
A Sesto San Giovanni tra il 1903 e il 1911 si sono insediate aziende straordinarie, come la Breda, la Falck, la Ercole Marelli, la Campari. Forse alcuni di voi conosceranno la mia città come la Stalingrado d'Italia, nome che deriva dalla presenza sul territorio di acciaierie e fabbriche ('stalin' in russo significa acciaio, quindi Città dell'acciaio), tale soprannone assume con il tempo una connotazione politica per via delle amministrazioni di sinistra e centrosinistra che governano la città da decenni. Una città di operai provenienti da tutta Italia, cresciuta velocemente ed esponenzialmente grazie al boom economico. Una città che oggi ha come caratteristica principale l'archeologia industriale: edifici in ferro, scheletri di capannoni, case di operai in mattoni rossi e grandi macchinari che servivano ad assolvere varie funzioni all'interno delle fabbriche. Sesto San Giovanni, un paese che si è trasfomato grazie o a causa delle fabbriche, da posto di villeggiatura per i signori che arrivavano da Milano, a città del lavoro, del cemento, dell'acciaio e del ferro. Città che ha perso in pochi decenni ogni segno di romanicismo che caratterizza e pervade ancora oggi un'infinità di centri storici di altre realtà italiane; una città che ha perso l'arte ma che ha guadagnato in accoglienza e generosità nei confronti di tante persone che arrivavano da lontano per lavorare a Sesto e nelle sue fabbriche. Nella mia città quindi non ci sono preziosi edifici come chiese, palazzi o monumenti da fotografare; nella mia città si fotografano i luoghi del lavoro e i sogni di tante persone che arrivavano con la valigia piena di speranza per un futuro migliore. E per non dimenticare questa operosa città, l'Amministrazione Comunale ha deciso di candidarla come patrimonio mondiale dell'Unesco.
Per onorare la memoria di 'città che produce' ho  deciso di abbinare questa 'torta-paese' di umili origini lombarde al 'paese-Europa', così tanto bisognoso di dignità, lavoro e speranza, che un tempo Sesto San Giovanni ha saputo regalare ai suoi abitanti e ai suoi lavoratori.

Qui sotto una fotografia del Carroponte manufatto utilizzato dalla Breda Siderurgica per lo spostamento dei carichi all'interno della fabbrica.
Grazie a un’illuminazione suggestiva anche nelle ore serali e alla recente realizzazione di una copertura permanente del palco, il Carroponte è diventato un’area ampia e funzionale per eventi, concerti, spettacoli e attività culturali.


Torta paesana

500 gr pane comune raffermo (oppure pane fresco comune tipo Michetta)
1 litro di latte 
250 gr biscotti secchi 
250 gr amaretti
2 uova
buccia grattuggiata di un limone
100 gr cioccolato fondente
70 gr cacao dolce
100 gr zucchero semolato
2 cucchiai di olio di oliva
70 gr di uvetta
100 gr di pinoli
rhum q.b.

Rompere il pane a pezzetti in una ciotola e versarci sopra mezzo litro di latte caldo. Mescolare e fare inzuppare il pane. Rompere grossolanamente i biscotti e gli amaretti, aggiungerli al pane e versare il latte rimanente fino a quando l'impasto non diventerà una poltiglia. La quantità del latte varierà in base alla secchezza del pane (più è secco e maggiore sarà la quantità di latte richiesto). Lasciare in ammollo per qualche ora, fino a quando il pane non sarà diventato morbido e successivamente passarlo con il passaverdura o con un mixer ad immersione. In un'altra ciotola sbattere le uova con lo zucchero e aggiungerle all'impasto. Aggiungere 80 gr di pinoli, l'uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida, l'olio, il cioccolato, il cacao, il rhum e la buccia grattuggiata di un limone. Mescolare bene per miscelare gli ingredienti. In una teglia stendere un foglio di carta da forno, versare l'impasto e livellare il composto (lo strato dovrà essere alto almeno 2 cm.). Spargere sulla superficie i pinoli avanzati e infornare in forno statico già caldo a 200° per circa 1 ora e mezza.



Con questo ricetta partecipo al contest Cib'Arte 
...e vince il premio speciale della giuria! Leggete QUI

4 dicembre 2011

Giù al nord

Prendo in prestito il titolo di un divertentissimo film francesce del 2007, "Giù al nord" appunto, per dare il nome a questo post. Tuttavia con questo post la Francia non c'entra nulla perchè siamo decisamente più a nord e precisamente in Norvegia. Per questa volta non ci sarà nulla da cucinare ma non volevo privarmi del piacere di parlare di una curiosità gastronomica che poco tempo fa ho assaggiato che però non potrete soddisfare a meno che non vi troviate in questo preciso istante in Norvegia o non abbiate sottomano i due ingredienti principali :-)
Ma come mi è venuto di scrivere di un piatto norvegese? 
In ufficio, durante la pausa pranzo, capita spesso di parlare di cibo. Non so dirvi come mai si scelga questo argomento, forse perchè i colleghi sanno della mia passione per la cucina o forse perchè il solito piatto o il solito panino consumato quasi quotidianamente richiede sempre un pò di fantasia per risultare più appetitoso, sta di fatto che in una di queste pause un collega mi racconta che in Norvegia si mangiano dei filetti di pesce arrotolati dentro ad un pane sempre norvegese ovviamente; me ne parla con così tanto entusiasmo che ritengo sia doveroso (prima o poi) assaggiarlo. Dopo qualche settimana il collega di cui sopra, mi porta in ufficio una confezione sottovuoto e o-r-i-g-i-n-a-l-e di Rakfisk Noraker della valle di Valdres (sembra il nome di un regno del Signore degli Anelli ma non troverete traccia di Hobbit in questo post); il suddetto pesce e la suddetta marca sono considerati come il miglior rakfisk della Norvegia, vincitore per tanti anni del Festival annuale di Fagernes dedicato alle specialità culinarie di quel Paese. Questo campione di popolarità è accompagnato da una confezione di pane Lumpe che scopro poi essere una specie di piadina di patate. Me li dà entrambi con un'unica raccomandazione: di non farmi influenzare dall'odore quando aprirò la confezione del pesce.
Ritorno a casa e ripongo rakfisk e lumpe in frigorifero in attesa del fine settimana quando avrei avuto il tempo di preparare questa 'piadina norvegese' e immortalarne il risultato. Per la precisione il rakfisk, che letteralmente significa "pesce in salamoia", è la trota sotto sale messa a fermentare per due o tre mesi.
Quindi domenica mattina decido di regalarmi questa esperienza norvegese: apro la confezione e dopo una frazione di secondo un odore particolarmente intenso colpisce come un pugno le mie narici. Confesso che se non fosse stato per l'avvertimento ricevuto, avrei probabilmente desistito nel proseguire con la preparazione. Ma continuo nel mio intento di onorare quanto mi è stato regalato e seguo pedessiquamente le istruzioni che mi sono state date: appoggio sul filetto di un bel colore rosa salmone qualche foglio di carta assorbente e ne asciugo per benino il liquido di conservazione, poi lo taglio a listarelle. Affetto finemente una cipolla bianca e spalmo con del burro il pane Lumpe. Quindi assemblo la piada adagiando listarelle di pesce e anelli di cipolla sul burro spalmato e arrotolo.
Per chi si fosse perso qualche riga elenco gli ingredienti: trota fermentata+burro+cipolla cruda+pane alle patate e tutto questo una domenica mattina dopo un paio di ore dopo la colazione (dovendo anche fotografare parto con un certo anticipo rispetto all'orario del pranzo); oltre al senso dell'olfatto che era già stato sollecitato, inizio a preparare anche il senso del gusto al destino che lo attende da lì a poco. Tuttavia la curiosità di assaggiare un piatto tradizionale norvegese prende il sopravvento sull'idea che aveva già preso forma nella mia mente: di slancio do un bel morso al Lumpe e... con grande sorpresa scopro il motivo per cui del Rakfisk se ne consumano ogni anno in Norvegia 500 tonnellate!
I sapori si equilibrano armoniosamente: il rakfisk a dispetto del suo olezzo, acquista una dolcezza inaspettata, la freschezza della cipolla cruda viene mitigata dalla morbidezza del burro e il Lumpe avvolge tutto con un sapore deciso di legno e patate. Pane, burro e trota mi conquistano fin dal primo morso!
Sull'onda dell'entusiasmo per avere vinto la sfida e per essere entrata nel club dei 'mangiatori di rakfisk' (pare che anche in Norvegia non sia proprio un cibo così facile da apprezzare), tiro fuori dal frigorifero l'ultimo pezzetto del norvegese Brunost (= formaggio bruno), mi taglio due fette di pane (italiano ai 5 cereali) e lo ricopro con questo morbide scaglie marroni.
Guardo fuori dalla finestra mentre addento un pezzo di pane e formaggio & pesce e cipolle e solo in quel momento mi rendo conto che là fuori non ci sono boschi, neve, fiordi e casette colorate.
Però... a pensarci bene... un pezzo di Norvegia ce l'ho proprio sotto i denti!

27 novembre 2011

La zuppa che sa di sole e di luna

Sarà semplice e un pò banale ma oltre alla zuppa di castagne dolci, non potevo esimermi dal cucinare una zuppa di zucca salata. Non so perchè ma l'autunno regala questi prodotti pastosi da utilizzare come tubetti di colore per creare dei meravigliosi cromatismi culinari. Pertanto anche sulla mia tavola virtuale (e non solo) ho deciso di servire questa vellutata di colore giallo oro come solo la zucca riesce a fare.
Ma veniamo ad una breve spiegazione del titolo: cosa c'entra la zuppa di zucca con il sole e la luna? Le zuppe nelle fotografie si distinguono solo per un piccolo, ma non insignificante, particolare: la spezia che le personalizza. Evito di dilungarmi nel raccontare il mio amore per le spezie e del fatto che potrei passare ore a guardarle, odorarle e toccarle. Ritengo che le spezie siano l'anima dell'umanità.
Ho voluto imprimere alla prima versione della zuppa un senso di calore e di luce, utilizzando del peperoncino in polvere: una spezia vitale, che deve essere esposta al sole per essere coltivata e al sole deve essere lasciata per essiccare; una spezia rossa che genera una sensazione di movimento e di espansione. Un gusto vivace e pungente che contrasta con la dolcezza della zucca e la sua pastosità. La zucca-sole per risvegliare dalla torposità dell'autunno che scivola verso l'inverno. 

Per la seconda versione della medesima zuppa, la spezia che ho utilizzato è la curcuma.
Devo confessare che il profumo della curcuma mi crea dipendenza. Di questa splendida spezia, detta anche Zafferano delle Indie, mi limito a citare un breve passo che ho letto tempo fa nel libro "La Maga delle Spezie" di Chitra B. Divakaruni:
 "...La curcuma, chiamata anche halud, giallo, il colore dell'alba e dello squillo delle conchiglie suonate sul far del giorno. La curcuma capace di conservare, di mantenere sano il cibo in una terra di calore e fame. La curcuma, spezia della fortuna, spalmata sulla fronte dei neonati in segno di buon auspicio, sparsa sulle noci di cocco al momento della puja, strofinata lungo gli orli dei sari nuziali. Ma non è tutto. Ecco perchè la raccolgo solo nel momento in cui la notte scivola nel giorno, queste radici bulbose come scure dita contorte, ecco perchè la macino soltanto quando Swati, la stella della fede, brilla incandescente a nord. Se la tengo tra le mani, la spezia mi parla. Ha una voce di crepuscolo, sembra riecheggiare l'inizio dei tempi..."
La curcuma, come un cielo stellato, spolvera con il suo profumo questa zuppa che, nella seconda versione, accompagna verso il riposo della notte (mi auguro non verso l'alba perchè è da temerari mangiare una zuppa a colazione). La zuppa come un'ottima compagna, come una coperta che scalda il cuore di chi la prepara e di chi la consuma. Inevitabilmente una zuppa mette di buon umore. Ode alla zuppa!

Zuppa di zucca e patate
per 4 persone

500 gr di zucca piacentina (quella a polpa gialla con buccia grigio-verde) pulita
2 patate di media grandezza
1 cipolla bianca
olio, sale, pepe
acqua (o brodo vegetale)

Eliminare la buccia, i filamenti e i semini alla zucca e tagliarla a pezzetti; sbucciare le patate e tagliarle grossolaneamente e affettare la cipolla. In un tegame porre un paio di cucchiai di olio e far soffriggere leggermente la cipolla. Aggiungere la zucca e le patate e far insaporire per qualche minuto. Coprire le verdure con acqua calda, aggiungere un pò di sale e una macinata di pepe, coprire con un coperchio, abbassare la fiamma e lasciare cuocere fino a quando le verdure non diventeranno morbide (il tempo di cottura varia in base alla dimensione delle verdure).
Una volta che la verdura sarà cotta, togliere il tegame dal fuoco e utilizzando un frullatore ad immersione, ricavare una purea facendo ben attenzione a lasciare intero qualche pezzetto di zucca e di patata. Nel caso in cui la zuppa risultasse troppo liquida, rimetterla sul fuoco per far evaporare un pò di acqua; in caso contrario (zuppa troppo densa) è possibile aggiungere un pochino di acqua calda (o brodo vegetale) per allungarla mescolando bene.

Versione zuppa-sole
semi di cumino
peperoncino
olio
Impiattiamo la zucca e aggiungiamo qualche seme di cumino, una spolverata di peperoncino e un giro di olio a crudo. 

Versione zuppa-luna
semi di cumino
curcuma
olio
Impiattiamo la zucca e aggiungiamo qualche seme di cumino, una spolverata di curcuma e un giro di olio a crudo.

Possiamo guarnire con i semi di zucca che abbiamo tolto durante la fase di pulizia, lavati e stesi su un foglio di carta da forno, leggermente salati e messi nel forno a tostare a 180°. A piacere possiamo spolverare la zuppa con un pò di grana padano.

19 novembre 2011

Il tè delle 5, anzi no delle 10 (p.m.)


Come ormai sa tutto il pianeta, da qualche settimana sto frequentando un corso di pasticceria professionale di quelli tosti, tra forni, chilate di materie prime, banchi di acciaio e abbattitori. Insomma, dopo il lavoro, mi precipito in metropolitana per arrivare a perdifiato dopo circa un'ora in cucina. Lo chef pasticcere ci tiene a precisare due cose: 1) durante questo corso si fa FORMAZIONE e non produzione, 2) si imparano tecniche di pasticceria che si possono tranquillamente applicare in una cucina casalinga. Tuttavia una domanda me la sono posta: ma se non facciamo produzione com'è che l'ultima volta abbiamo preparato biscotti per 120 persone? Ve l'ho detto, lì non si scherza :-) Quindi vi potete immaginare in che condizioni ritorno a casa alla fine della giornata, stanca morta e 'ripiena' di appunti e consigli su come fare ad impastare, sciogliere, amalgamare, fondere cioccolatofarinauovapannalatteburroeccetera.
La serata è tutta un 'oooooh...ma daiii?!...ma davvero si fa così...chef ma ne è proprio sicuro?...'. Tutte le mie (poche) certezze in merito alla pasticceria sono crollate sotto il peso di una serie di errori commessi (in buona, buonissima fede ma pur sempre di errori stiamo parlando) in passato. Solo per citarvi un paio novità che hanno arricchito il mio bagaglio culinario: il lievito non è mai stato usato fino ad oggi (pur avendo già cucinato frolle, biscotti e pan di spagna) e sapete come mai? Semplicemente perchè lavorando l'impasto in un certo modo si incorpora aria che consentirà alla massa di lievitare; il burro non dovrà mai essere toccato con le mani quando prepariamo la frolla (nella prima fase) per evitare che si surriscaldi troppo (la nostra temperatura corporea è di circa 37°, troppo alta per il burro). Ma il colpo di grazia l'ho ricevuto quando ci è stato spiegato (e mi scuso in anticipo con chi ha mangiato fino a ieri i miei dolci al cucchiaio) che albumi e tuorli, se non dovranno essere cotti (es. crema al mascarpone, tiramisù, semifreddi,...), andranno sempre sterilizzati altrimenti si rischiano grossi guai (es. salmonella). Così prima di questa rivelazione, preparavo con accuratezza un fantastico tiramisù sbiancando i tuorli (crudi) con lo zucchero, aggiungendo il mascarpone e infine incorporando gli albumi (crudi) montati a neve. Ero una cuoca-serial-killer e neppure lo sapevo.

Ma veniamo al post e al suo titolo. Dovete sapere che la degustazione dei dolci che produciamo durante la lezione avviene ad un'orario piuttosto insolito per una fetta di torta o per un biscotto, l'assaggio viene fatto appunto verso le ore 22 (o 10 p.m.). Tutto molto gustoso, davvero, ma credetemi: mangiare una fetta di Sacher o un semifreddo allo yougurt o una pera bollita in una riduzione di miele e spezie e immersa nella ganache al cioccolato alle ore 22, è un'eclatante dichiarazione di amore incondizionato per la cucina!
Qui sotto trovate la ricetta preparata a scuola e ri-preparata nella cucina di casa mia, di una S-U-P-E-R-L-A-T-I-V-A torta al cocco.


Torta al cocco in un guscio di frolla

Per la frolla base biscottata (questo tipo di frolla è adatta a torte con il ripieno):
130 gr di farina 00
97 gr di burro
40 gr di zucchero
mezzo tuorlo
1 seme di una bacca di vaniglia

Per il ripieno: 
100 gr di burro
125 gr zucchero a velo
50 gr di farina di mandorle
75 gr di cocco rapé (o farina di cocco)
12,5 gr di rhum
75 gr di uova intere
75 gr di panna liquida non zuccherata

Una premessa: gli ingredienti indicati servono per preparare un impasto da utilizzare con una tortiera di 22 cm di diametro. Tutte le quantità saranno specificate sempre e solo in grammi per mantenere il bilanciamento degli ingredienti (è fuorviante indicare, per esempio, 1 uovo perchè in commercio si possono acquistare almeno 3 misure diverse di uova). Ho potuto verificare sul campo che in pasticceria il bilanciamento degli ingredienti è alla base del successo di un dolce, quindi, per le ricette che ripropongo post-corso, cercherò di essere il più precisa possibile (e per le altre cercherò un pò per volta di adeguarmi).

Procedimento per la frolla
Estrarre il burro dal frigorifero e posizionarlo sul piano di lavoro. Tagliarlo a pezzetti con una spatola, senza mai toccarlo con le mani, e inziare a spalmarlo sul piano di lavoro come se fosse una pomata. Incorporare al burro il seme di vaniglia per aromatizzare. Quando il burro avrà raggiunto la consistenza di una crema, aggiungere lo zucchero e impastare riducendo al minimo il contatto con le mani per non surriscaldare l'amalgama. Dovrete ottenere in pochi minuiti un panetto omogeneo. A questo punto aggiungere il tuorlo e impastare velocemente fino al completo assorbimento. Aggiungere al composto la farina setacciata ed amalgamare con un movimento dal basso verso l'alto. L'impasto che fino a questo momento era compatto, si disgregherà in tanti frammenti. Continuando ad impastare con poco contatto, l'impasto di ricomporrà da solo in un unico panetto (se non si ricondensa probabilmente avrete scaldato troppo il burro con le mani). Mettere il panetto nella pellicola da cucina e riporlo in frigorifero a riposare per almeno 30 minuti. 

Stesura e posizionamento della frolla nella tortiera
Spolverare il piano di lavoro con pochissima farina e con il mattarello iniziare a sttendere l'impasto in tutte le direzioni. Lo strato di pasta dovrà essere alto all'incirca 3-4 cm e la circonferenza dovrà essere maggiore di almeno 3 cm rispetto al diametro della tortiera (per questa torta abbiamo bisogno del bordo per contenere il ripieno). Posizionare la frolla nella tortiera (NB: non ho imburrato lo stampo perchè uso quello antiaderente) e assicurarsi che il bordo sia disposto correttamente e sia alto in maniera uniforme. 

Preparazione del ripieno
Estrarre il burro dal frigorifero e posizionarlo sul piano di lavoro. Tagliarlo a pezzetti con una spatola, senza mai toccarlo con le mani, e inziare a spalmarlo sul piano come se fosse una pomata. Quando avrà raggiunto la consistenza di una crema raccoglierlo con la spatola e metterlo in una ciotola, aggiungere nell'ordine: zucchero a velo, la farina di mandorle e quella di cocco, il rhum, le uova, la panna liquida mescolando con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una crema. Versare il ripieno nella guscio di pasta frolla e cuocere a 180° in forno statico per circa 30-35 minuti (verificare con lo stuzzicadente l'avanzamento della cottura). Il tempo e i gradi possono variare a seconda del forno che si ha a disposizione.

12 novembre 2011

Pappa per adulti

Ancora un pò di pazienza e quando la stagione delle castagne sarà terminata, finiranno anche i miei post sull'agomento.
Alle castagne proprio non resisto. Non appena le vedo non posso fare a meno di comprarle, inciderle e infilarle nel forno ad arrostire; tuttavia se avessi scritto un post su questa 'specialità della casa' avrei avuto ben poco da dire e come alternativa ho pensato di pubblicare la ricetta di un dolce che è entrato a far parte della mia vita parecchi anni fa e che è diventato, con il tempo, un pò come la zucca scavata con il lumino all'interno che si prepara solo per la festa di Halloween; questo dolce lo cucino solo una volta all'anno innanzitutto per l'assenza delle castagne in altri periodi ma soprattutto per la rottura di 'maroni' (eheheh!) nel doverne sbucciare 1 kg. Così per celebrare l'amore per questo frutto e un pò influenzata dalle ultime blog-pubblicazioni sul tema dello svezzamento con pappe, passatine e minestrine (giusto per citare le blogger che seguo: Sigrid e Alice), ecco a voi una "pappa per adulti-V.M.18".
Vietata ai minori non tanto per l'oscenità del piatto ma per l'esagerata quantità di calorie presenti in esso. E mentre i pargoli si ciberanno di vellutate fat-free, i maggiorenni (rigorosamente di nascosto dal pupo perchè guai farsi vedere mentre ci si sfama con qualcosa di diverso da quello che il/la piccolino/a ha nel piatto in quel momento) potranno tuffare il cucchiaio in questa cremosa, inebriante e calorica pappina color ecrù.
...e nel caso veniste beccati dagli attentissimi bimbi (perchè a loro non sfugge quasi nulla) potrete sempre raccontargli che si tratta di una passata di fagioli borlotti (che solitamente non amano)! :-)

E questa ricetta va  diretta nella sezione del blog "C'era una volta".


Zuppa dolce di castagne

1 kg di castagne 
150 gr di zucchero semolato
100 gr di burro
70 gr di amaretti
4 tuorli
bacello di vaniglia
750 ml di latte intero
2 dl di panna fresca non zuccherata
rhum q.b.
un pizzico di sale


Incidere la buccia delle castagne e cuocerle per qualche minuto in acqua bollente leggermente salata, scolarle, sbucciarle, spellarle (*vuoi scoprire un trucchetto su come sbucciare le castagne? Vai in fondo alla pagina), riversarle in una casseruola pulita, ricoprirle con il latte e portarne a termine la cottura per circa 15 minuti o fino a quando non saranno morbide (se il latte fosse poco aggiungerne dell'altro durante la cottura). Passarle con lo schiacciapatate raccogliendo la purea in una pentola, incorporarvi il burro e tenere sul fuoco fino a quando il composto si sarà asciugato. Togliere dal fuoco, aggiungere lo zucchero, un paio di semi del bacello di vaniglia, gli amaretti pestati, i tuorli e la panna. Versate il composto in una grande ciotola precedentemente inumidita di liquore; prima di consumare la zuppa, tenere in frigorifero per almeno mezza giornata.


 

(*) Come sbucciare le castagne con il microonde.
Fino a qualche anno fa la realizzazione di questo dolce era un incubo: tanto era buono ma tanto era faticosa e lunga la pulizia di 1 kg di castagne. Un giorno un collega ingegnere (diciamoci la verità: i laureati in questa materia hanno sempre un'idea brillante da proporti che può esserti utile per realizzare un razzo da spedire su Marte o eliminare efficacemente la buccia della castagna appunto) mi ha suggerito di utilizzare il microonde per effettuare la sbucciatura, supportando la teoria con principi di fisica e comportamento della materia se sottoposta a particolari sollecitazioni. Per amor di semplicità vi riporto solamente la procedura: incidere bene la buccia delle castagne e metterle a bagno nell'acqua (completamente ricoperte) per circa 10-15 minuti; prenderne 5 0 6 al massimo e posizionarle su un piatto con il taglio rivolto verso l'alto e metterle nel microonde alla massima potenza per circa 10 secondi. Attenzione: questa fase è la più delicata perchè l'esplosione della castagna è dietro l'angolo! Quindi vi consiglio di sperimentare iniziando con una castagna per poi arrivare ad un massimo di 5-6 castagne (non di più perchè altrimenti la procedura perde di efficacia), questo vi permetterà di individuare il corretto numero di secondi da usare con il vostro elettrodomestico. Il calore generato dal microonde consentirà alla pellicina interna di sollevarsi e di appiccicarsi alla buccia esterna; in questo modo quando voi farete pressione sul taglio per levare la buccia esterna, vi seguirà anche la pellicina interna. L'azione andrà eseguita velocemente perchè quando la castagna si raffredda, la pellicina ritornerà asciutta e attaccata alla castagna (ma potrete sempre rimetterla nel microonde una seconda volta). Le castagne ancora da sbucciare andranno lasciate nell'acqua. Il processo non è velocissimo, ma sarà meno difficoltoso della consueta sbucciatura post-cottura. 

6 novembre 2011

Metti una sera a cena a casa di Dante


La vera novità di questo mese di novembre (oltre al fatto che gira voce che dovrei riuscire a terminare i lavori di ristrutturazione a casa) è che mi sono iscritta ad un corso professionale di pasticceria. Eh già, proprio una cosa seria: 4 ore due volte la settimana per un dopo-lavoro di tutto rispetto dato che dalle 18.30 alle 22.45 sono in una cucina professionale tra materie prime e forni industriali, con uno chef pasticcere che ci snocciola senza sosta spiegazioni sull'Arte Bianca. A dir la verità, il vero piacere di questo corso non è tanto la realizzazione delle ricette, ma quello di scoprire i trucchi, o come dice lo Chef Vincenzo, le tecniche dei professionisti. Quindi un corso con tanta pratica ma soprattutto con un'importante parte teorica sull'uso degli ingredienti e sul tipo di lavorazione degli stessi, sul metodo di cottura, gli abbinamenti e la conservazione. La prima lezione è stata tutta incentrata sulla pasta frolla e le sue varie declinazioni e sulla preparazione della crema pasticcera e della crema Chantilly (francese e italiana). Se avrete voglia di seguirmi, in alcuni dei prossimi post che pubblicherò, condividerò con voi qualche trucchetto-tecnica che mi verrà insegnato durante il corso.
Dopo questo breve racconto in merito a come occupo ultimamente le mie serate, vorrei festeggiare idealmente questa mia nuova esperienza, con un'altra ricetta toscana di antica fattura ma ancora di dubbia origine (pare che il cantuccio sia originario di Prato ma anche altre provincie toscane vogliono rivendicarne la paternità); così per un gioco di assonanze tra terre e personaggi famosi che le rappresentano, mi sono immaginata cosa avrei potuto mangiare come dessert ad un'ipotetica cena a casa del Sommo Poeta Dante Alighieri (anche se non penso che alla fine del Duecento i cantucci fossero già stati inventati ma magari qualche amico toscano mi potrà smentire). Ma poco importa: questi biscottini secchi secchi, che di solito si accompagnano al Vin Santo (in questo post in versione prima colazione), a me piacciono davvero un sacco (ma nella versione senza anice); così, ringraziando la gentile Lia (toscana doc) che mi ha fornito la ricetta dei Cantucci che vedete in foto, inauguro una nuova sezione del blog ("Nel piatto degli altri") e mi avvio verso le meraviglie che la "dolce-cucina" sarà capace di di riservarmi.


Cantucci

3 uova
4 cucchiai di zucchero semolato
50 gr di burro
mezza bustina di lievito per dolci
la buccia grattuggiata di un limone biologico
100 gr di mandorle non sbucciate (con la pelliccina) 
farina 00 quanto basta per dare consistenza all'impasto (vedi indicazioni qui di seguito)
sale 

In una ciotola sbattere lo zucchero con 2 uova fino a farle diventare cremose e quasi bianche; aggiungere successivamente il burro e mescolare. Una volta che si sarà ottenuta una crema, unire il lievito, la buccia grattuggiata del limone, le mandorle tagliate a metà (nel senso verticale) e un pizzico di sale. A questo punto sarà necessario aggiungere la farina fino a quando l'impasto non diventerà un panetto un pò appiccicoso ma lavorabile. Mettere un foglio di carta da forno su una teglia, stendere un rettangolo di impasto largo circa 5-6 cm e alto 1 cm (se ne possono fare anche due di rettangoli se l'impasto fosse abbondante ma attenzione alla distanza perchè cuocendo si allargheranno un pò) e spennellarlo con l'uovo intero sbattuto . Infornare in forno statico a 180°/200° gradi per circa 15 minuti o fino a quando l'impasto non diventerà di un bel colore dorato. Togliere dal forno e tagliare subito delle striscette in diagonale della larghezza di circa 1 cm.

30 ottobre 2011

Sfida all'ultimo marrone

Finalmente!
Alla fine ce l'ho fatta a rientrare a casa seppur lottando contro il pestilenziale odore di diluente che aleggia per le stanze. Finalmente la light-box grande come un appartamento è terminata e dopo le pareti e i mobili bianchi, anche il mio ex pavimento in doussié è stato colorato con uno splendido bianco nordico. Diciamo che ora vivo in uno studio fotografico ideale per le foto di food :-)
Mentre ero in trasferta però non mi sono certo fatta sfuggire il workshop di Food & Stylist Photograpy organizzato da l'Arte del Convivio a Milano. Finalmente un workshop tematico che parla di fotografia di cibo con spunti di Food Stylist. Le splendide e disponibili donne che hanno organizzato il primo di 4 workshop sul tema sono: Barbara Torresan, Silvia Luppi, Claudia Castaldi e Alice Martini. Vorrei ringraziarle per la loro disponibilità e simpatia e per aver avuto l'idea di organizzare (finalmente) a Milano una giornata su questo tema (diciamoci la verità, era da almeno due anni che cercavo una cosa del genere ma non sono mai riuscita a trovarla). Non entro nel dettaglio perchè sui siti indicati qui sopra potrete trovare maggiori informazioni ma quello che vedete in queste immagini è il risultato della giornata. Le fotografie sono fatte in collaborazione con Alessandra (simpaticissima food blogger e compagna di corso) mentre il castagnaccio è opera di Lola, cuoca di Arte del Convivio.
Dato che il castagnaccio è identico a quello che cucino io, per questa volta mi sono risparmiata la fatica di cucinarlo e mi sono dedicata solo a fotografarlo (e vi posso assicurare che abbiamo trascorso una bella mezz'oretta e almeno una  cinquantina di scatti prima di trovare la giusta illuminazione e presentazione).
Mi perdonerete la 'mezza fatica' ma vista l'inagibilità della mia cucina mi limito a postarvi di seguito la mia collaudata ricetta.

Castagnaccio

200 gr di farina di castagne
4 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 cucchiaio di zucchero
un pizzico di sale
210-250 ml di acqua
50 gr di pinoli
50 gr di uvetta
un rametto di rosmarino

Setacciare la farina per toglierne le eventuali impurità. Accendere il forno in modalità statica a 200° e ammollate l'uvetta in acqua tiepida. Mettere la farina in una ciotola, unire il pizzico di sale, 2 cucchiai di olio e 210 ml di acqua (la quantità di acqua dipende dalla farina: se la farina è molto asciutta potrebbe esserci bisogno di più acqua), versandola poco alla volta e mescolando con una frusta fino ad amalgamare il tutto. Risulterà una pastella di media consistenza che scenderà a nastro se si solleva con il cucchiaio. Unire all'impasto l'uvetta strizzata e asciugata. Foderare con un foglio di carta da forno una tortiera o una teglia di dimensione tale che l'impasto versato risulti non più alto di un centimetro; ungere la carta da forno con 2 cucchiai di olio e versare il composto preparato. Cospargere la preparazione con i pinoli e gli aghi di rosmarino precedentemente lavato e asciugato e versarvi sopra un cucchiaio di olio. Infornare a 200° per circa 35 minuti. Dovrà formarsi una bella crosticina piena di screpolature e i pinoli dovranno dorarsi leggermente mentre l'interno dovrà essere morbido.

19 ottobre 2011

Salm-1+zucchine (ricetta con rebus)


In questi giorni sono in trasferta a causa dei lavori di ristrutturazione che ormai si protraggono da mesi nel mio appartamento (che ci volete fare? Ogni tanto il mio istinto di architetto prende il sopravvento e sento il bisogno di convocare le maestranze). Dato che posso utilizzare internet solo in rare occasioni (e ahimé, ho dovuto constatare di non poterne 'quasi' più fare a meno) mi sono preparata un post postumo da pubblicare a distanza di qualche giorno dalla cottura. Eccomi quindi con una ricetta "4 stagioni" adatta sia per questo inizio di autunno che per un pic-nic durante la bella stagione.
Da diversi anni sono una sostenitrice del piatto unico: una oculata scelta di ingredienti mescolati alla velocità supersonica, possono risolvere una cena con un certo stile e in poco tempo anche nel secolo delle buste surgelate e dei cibi già pronti. Ricordo quando ero piccola che in tavola non mancavano mai primo-secondo-contorno-frutta e sembrava quasi un delitto non servire un piatto di pasta e una porzione di carne con relativo accompagnamento. Dato che il mio karma non mi da tregua e mi porta da anni a lavorare a non meno di 35 km di distanza da casa, quando ritorno  dall'ufficio dopo aver trascorso più di un'ora in metropolitana, la sola idea di prepare primo-secondo-contorno-frutta mi fa passare la poesia; così preferisco guardare cosa c'è nel frigorifero e amalgamare con elegante noncuranza cereali-pesce-verdure-uova-formaggio-spezie-carne-legumi, ficcare in forno il pastone e non pensarci più fino a quando il trillo del timer non mi segnala che la cena è pronta (il vero vantaggio del piatto unico è che in attesa della cottura si possono fare un mucchio di cose, come caricare la lavatrice, svuotare la lavastoviglie, leggere la corrispondenza, ritirare i panni asciutti...).
In questo modo l'appuntamento con il fornello e l'esperimento culinario è solo posticipato al fine settimana :-)
Qui sotto trovate la ricetta cucinata e già mangiata.

Terrina di salmone e zucchine

200 gr di salmone affumicato a fettine
400 gr di zucchine
180 gr di cipollotti 
3 uova
200 gr di farina 00
1 cucchiaio di zucchero
mezza bustina di lievito in polvere per prodotti da forno
100 ml di latte
6 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale fino

Spuntare, lavare e asciugare le zucchine e grattuggiarle con una mandolina. Eliminare le radichette e lavare i cipollotti; affettare la parte bianca sottilmente e tritare la parte verde. Scaldare un cucchiaio di olio in una padella e rosolare i cipollotti per 2 minuti, mescolando. Unire le zucchine, amalgamare gli ingredienti e salare. Aggiungere 50 ml di acqua calda e cuocere per 5 minuti girando con un cucchiaio di legno. Spegnere il fuoco. 
Tagliare il salmone a striscioline con un coltello affilato. Versare la farina setacciata con il lievito e lo zucchero in una ciotola. Formare una cavità al centro, versarvi le uova sbattute, l'olio rimasto, il latte quanto basta. Lavorare gli ingredienti fino as ottonere un composto liscio e omogeneo. A questo punto aggiungere le zucchine e i cipollotti e infine le striscioline di salmone (tenere da parte qualche striscia per la decorazione).
Scladare il forno in modalità ventilata a 200°, foderare uno stampo da plumcake con un foglio di carta da forno bagnato e strizzato. Versare il composto e livellarlo scuotendo leggermente lo stampo. Sistemare le striscioline di salmone rimasto sulla superficie. Infornare per 35 minuti. Sfornare il plumcake, lasciarlo raffreddare e poi toglierlo dallo stampo. Servire a temperatura ambiente e a fette spesse.

(*) soluzione al rebus: SalmONE + zucchine

9 ottobre 2011

Pizza box

Oggi parliamo della pizza: il simbolo dell'Italia nel mondo, più del Colosseo e della Ferrari. Imitata, reinventata e adattata ai gusti delle popolazioni locali (ricordo ancora una pizza mangiata anni fa in Marocco condita con del concentrato di pomodoro... una vera variazione sul tema!), una ricetta così semplice da essere alla portata di tutti. E così mentre scrivevo questo post mi sono chiesta: "ma a che serve un post sulla pizza"? Tutti in Italia sanno preparare una pizza e io non ho proprio nulla da insegnare a riguardo. Diciamo quindi che si tratta di un 'post-spot', un bisogno di condivisione che  mi è sorto spontaneo a proposito di uno dei piatti preferiti da noi italiani.
Premetto che non sono una sostenitrice del 'self-made' ad ogni costo;  non ho mai avuto una palla di pasta madre nel frigorifero, non avrei tempo di allevarla come se fosse una specie di cucciolo visto che per lavoro trascorro fuori casa 12 ore al giorno mentre la pasta madre richiede dedizione, 'rinfrescate' e soprattutto un utilizzo costante della stessa se non si vuole avere un morto sulla coscienza (o la casa invasa da una sostanza appiccicosa che ti corre incontro quando rientri stanca morta dall'ufficio). Così quando ho voglia di mangiarmi una pizza ho solo tre possibilità: andare in pizzeria, chiamare per farmela portare a casa oppure prepararmela da sola. Spesso mi capita di optare per la terza opzione, per il piacere della preparazione ma anche per un risparmio economico (che di questi tempi non guasta). Quindi negli anni ho sperimentato le varie offerte disponibili sul mercato: la pizza congelata da infornare, la pasta fresca lievitata già pronta, la pasta stesa che si trova nel reparto del fresco, la pizza del giorno già preparata dal fornaio e solo da riscaldare... ma non so perchè, tra tutte queste scelte trovo di gran lunga la più buona di tutte la pizza che sta nella scatola! Sì sì, proprio quel kit pronto per le urgenze quasi come fosse la cassetta del pronto soccorso. Basta prendere una scodella, versarci dentro il contenuto del kit, impastare, stendere, aggiungere della mozzarella e attendere 15 minuti che cuocia. Una pizza così leggera e ben lievitata non l'ho ancora trovata. Sarà forse perchè quando la preparo sono sempre affamata? :-)
... e adesso fatemi sapere quale è il vostro "Pizza-Style"!

Pizza box: Istruzioni per il 'montaggio'

- Accendere il forno a 230°/250°
- Posizionare un foglio di carta da forno su una teglia e ungerlo con un pochino di olio;
- In una terrina unire alla miscela per pizza dell'acqua fredda e un cucchiaio di olio e mescolare con una forchetta;
- Impastare con le mani fino a rendere omogeneo l'impasto;
- Stendere l'impasto sulla teglia, aggiungere il pomodori pelati (in dotazione), salare e cospargere con mozzarella, un pò di olio e dell'origano (si può guarnire a piacere ma io sono una sostenitrice della pizza Margherita);


- Infornare e cuocere per circa 15-20 minuti a con forno statico posizionando la teglia nel ripiano più basso del forno;
- Togliere dal forno e servire.

PS: Maggiori dettagli sulla scatola della pizza.
PPS: Non percepisco un euro da questo post, uso la Pizza Catarì perchè tra quelle in scatola è quella che mi piace di più :-)

29 settembre 2011

Biscotto preistorico

Il mio, ormai, è un amore dichiarato per le farine ottenute da diversi tipi di cereali, così dalla classica zuppa di farro sono passata direttamente e senza troppi indugi ai biscotti.
Leggevo su Wikipedia che il farro (nome comune usato per tre differenti specie di Triticum=frumento o grano) è il più antico tipo di frumento coltivato, utilizzato dall'uomo come nutrimento fin dal Neolitico. Così mi immaginavo Vilma e Betty (le mogli di Fred e Barnie de "I Flinstones") impegnate ad impastare dentro ad una caverna, la farina di farro per ricavarne dei piccoli e preistorici biscotti (anche se ho dei dubbi sull'impiego di nocciole e cioccolato ai tempi del Neolitico :-)). Quindi se ce la facevano loro a cucinare qualcosa di commestibile utilizzando solo i cereali, le erbe e le bacche, noi, con la nostra tecnologia e l'ampia scelta di ingredienti, dovremmo essere in grado di sfornare dei piccoli capolavori. Quindi mani in pasta, accendete il forno (o la catasta di legna) e facciamogli vedere a questi cavernicoli cosa siamo in grado di fare nel XXI secolo.


Biscotti al farro, cacao e nocciole

200 gr di farina di farro
125 gr di zucchero
75 gr di burro
40 gr di cacao amaro in polvere
un uovo e un tuorlo
45 gr di nocciole già sgusciate

In una terrina mescolare cacao, zucchero e farina. Al centro porre il burro, l'uovo e il tuorlo. Impastare e aggiungere le nocciole tritate grossolaneamente. Mettere l'impasto a riposare in frigorifero per circa mezz'ora.
Cospargere il piano di lavoro con un pochino di farina e stendere l'impasto con un mattarello; con degli stampini per biscotti ricavare delle forme e posizionarle su una teglia rivestita di carta da forno.
Cuocere i biscotti in forno statico preriscaldato a 180° per circa 10 minuti.



20 settembre 2011

Quando l'autunno strizza l'occhio all'estate

Quando l'autunno arriva, io sono lì in prima fila con il forno acceso e la zuppa in pentola. Ebbene sì, l'autunno è la mia stagione preferita. Mi piace per i colori, per i sapori e per quell'idea di convivialità a tavola che d'estate, vuoi per il caldo, vuoi perchè si mangiano cibi leggeri e superveloci, un pò si perde. Così, invogliata dai finferli freschi che ho trovato sullo scaffale del supermercato e recuperando qualche foglia di basilico sopravvissuta alle piogge di qualche giorno fa, ho deciso di preparare questo semplice piatto di miglio e verdure.
Ma cos'è 'sto miglio? In Europa è conosciuto più che altro come mangime per i polli mentre ha una grande importanza nell'alimentazione africana e asiatica; il miglio inoltre è privo di glutine, quindi adatto per coloro che sono affetti da celiachia. Eh già, in un unico piatto un sacco di sostanza, leggerezza e nutrimento! Magari, per una volta, potremmo salvare un pollo rubandogli solo un pò del suo becchime...

Miglio con verdure
per 4 persone 

200 gr di miglio decorticato
3 zucchine
10 pomodorini
500 gr finferli freschi
2 spicchi di aglio
20 foglie di basilico
olio, sale e pepe

Mettere i funghi in un colino e lavarli bene per eliminare eventuali residui di terriccio; tamponarli con un canovaccio per asciugarli. Far scaldare in una pentola un cucchiaio di olio extravergine di oliva e uno spicchio di aglio. Lasciare insaporire e aggiungere i finferli. I funghi durante la cottura rilasceranno la loro acqua, farli cuocere per circa 10 minuti a fiamma media e quando saranno quasi cotti, salarli e alzare la fiamma per far evaporare tutta l'acqua. Una volta cotti, spegnere il fuoco e lasciarli nella padella eliminando l'aglio. 
Nel frattempo fare lessare in acqua salata il miglio per circa 20 minuti (o fino a quando non si sentiranno più i chicchi duri), le indicazioni che di solito vengono date per la cottura del miglio sono 3 parti di acqua per 1 parte di miglio (in volume) ma consiglio di tenere sempre sotto controllo la quantità di acqua ed eventualmente aggiungerne durante la cottura (l'acqua aggiunta dovrà essere calda); una volta cotto scolarlo e lasciarlo riposare.
Mentre il miglio cuoce, tagliare le zucchine a piccoli pezzetti e metterle in una padella insieme ad un cucchiaio di olio extravergine di oliva e ad uno spicchio di aglio. Far cuocere a fuoco medio per una decina di minuti. Aggiungere i pomodorini tagliati a rondelle, i finferli e continuare a cuocere a fiamma media ancora per circa 7-8 minuti (le zucchine dovranno restare croccanti). Salare e pepare poco prima della fine della cottura.
Preparare un'emulsione di olio extravergine di oliva con le foglie di basilico spezzettate e aggiugerla alle zucchine a cottura ultimata.
Unire il miglio e fare insaporire in padella per qualche minuto. Servire caldo con una spolverata di farina di mandorle.